Corporate Museum

    L’esempio italiano di Galleria Campari

    Nel mondo sono numerose le aziende che formano il proprio museo d’impresa, basato sul contesto territoriale già esistente e perfettamente integrato con la realtà produttiva dell’azienda.

    Per Corporate Museum si intende una raccolta d’arte, nata sulla base di un Archivio, inserita all’interno di un’azienda con l’obiettivo di valorizzare il proprio marchio e raccontare la propria identità.

    livello internazionale troviamo il Porsche Museum  o il BMW Welt; ma l’Italia non è da meno.

    Tra gli esempi è possibile citare Galleria Campari, spazio dedicato al rapporto tra il marchio e la sua comunicazione attraverso l’arte e il design.

    Il corporate museum di Campari, nato nel 2010 in occasione dei 150 anni di vita dell’azienda, deve la propria forza all’unicità e alla ricchezza dell’Archivio storico, vero e proprio “giacimento culturale trasversale, che raccoglie oltre 3.000 opere su carta, affiche originali della Belle Époque, manifesti e grafiche pubblicitarie dagli anni Trenta agli anni Novanta, firmate da artisti quali Fortunato Depero, Guido Crepax, Bruno Munari e Ugo Nespolo, solo per citarne alcuni”.

    Queste le parole di Paolo Cavallo, Direttore di Galleria Campari, che racconta la nascita dell’Archivio Campari, i criteri con cui viene gestito e implementato, senza tralasciare il rapporto con la tecnologia.

    Art Rights Magazine: Quali sono state le condizioni che hanno contribuito alla nascita dell’Archivio Campari?

    Paolo Cavallo: L’Archivio nasce dall’attenzione che il brand ha sempre avuto nel conservare le testimonianze delle proprie azioni sia di carattere commerciale sia di carattere promozionale. Inizialmente la conservazione aveva finalità pratiche, mentre oggi è legata alla ricerca della storia di un brand che ha intrecciato il suo percorso aziendale con l’evoluzione dei costumi del nostro paese. Per primo Davide Campari, alla fine dell’800 comprende che l’Arte può diventare mezzo per dare vita alla propria filosofia pubblicitaria, sviluppando negli anni con i migliori artisti italiani del periodo, strategie di comunicazione all’avanguardia, impensabili per quel periodo. Nel corso del tempo tutti gli esiti delle collaborazioni sono state raccolte nel nostro fondo archivistico, del quale viene esposto all’interno degli spazi di Galleria Campari solo il 5%; in mostra abbiamo 150 opere originali, selezionate seguendo criteri di valorizzazione dei pezzi più significativi dell’Archivio. Periodicamente organizziamo esposizioni per avere la possibilità di esporre pezzi provenienti dal nostro fondo, che non sono mai stati mostrati prima”.

    Art Rights Magazine: Quali sono i criteri con cui viene gestito e implementato l’Archivio?

    Paolo Cavallo: “L’Archivio Campari si basa su un database, risalente agli anni Novanta, che stiamo riorganizzando completamente; il fine è quello di destinare nuovi spazi dell’edificio Campari alle opere, e per fare questo stiamo provvedendo a una rinnovata catalogazione. Le opere sono archiviate secondo la tipologia di documento: manifesti, stampe, bozzetti, fotografie, libri d’artista, listini prezzi, etichette, spot televisivi, caroselli, merchandising, oggetti di design, mixology tools. Manteniamo saldi i legami con gli eredi e Archivi degli artisti che hanno collaborato con l’azienda Campari, soprattutto per ciò che riguarda il diritto d’autore perché nel passato, quando venivano commissionate le opere, non si prevedeva potessero avere utilizzi differenti. Oggi invece viviamo in un mondo in cui anche l’utilizzo di grafiche d’epoca passa attraverso il web, i social network e altre forme di comunicazione. Contattiamo gli Archivi d’Artista allo scopo di aprire dialoghi volti a utilizzare e valorizzare le opere di questi artisti. In particolare abbiamo dei canali aperti con l’Archivio di Fortunato Depero e con gli eredi di Bruno MunariNegli anni l’Archivio è stato arricchito con il materiale di comunicazione marketing progressivamente prodotto, oltre ad una serie di progetti e premi promossi dal brand come Street art RedVolution 2.0 (2014) e il Campari Art Prize in collaborazione con Artissima, una tra le più importanti fiere d’arte contemporanea a livello internazionale, istituito nel 2017.  Il progetto con Artissima è stato fortemente voluto per rafforzare l’attenzione che l’azienda ha verso il mondo dell’arte; la partnership triennale prevede di ospitare le opere dell’artista vincitore under 35 del Campari Art Prize negli spazi della Galleria Campari, con lo scopo di guardare al futuro dell’arte e implementare la collezione con alcuni lavori”.

    Art Rights Magazine: Qual è il rapporto con la tecnologia e quali strumenti avete a disposizione per la gestione?

    Paolo Cavallo: Gran parte dell’Archivio è stato digitalizzato e restituito sotto forma di installazioni interattive in occasione della creazione di Galleria Campari, in cui i materiali sono fruibili dal pubblico attraverso dispositivi multimediali governati dal sistema Arduino. L’obiettivo è quello di creare col tempo un Archivio che sia accessibile a ricercatori, studiosi, professionisti del mestiere con l’intento di valorizzare l’heritage del brand ed avvicinare il pubblico ai temi della conservazione e dell’archivistica”.

    Archiviare, esporre e raccontare un patrimonio d’arte trasversale comune e universale: questa l’unicità dei Corporate Museum.

    E voi, siete pronti a visitare un Corporate Museum?

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