Intervista all’artista Fabrizio Narcisi

    Intervista a Fabrizio Narcisi, artista giovane ed eclettico che si racconta attraverso i suoi talenti

    Vincitore italiano nella categoria “Video Arte” per HUB/ART, ama sperimentare e combinare insieme i diversi media in accostamenti insoliti.

    Art director, fotografo e video artista. Fabrizio Narcisi, classe ‘89, è cresciuto all’interno di una famiglia creativa che gli ha permesso di sviluppare la sua sensibilità e versatilità artistica sin da bambino.

    Dotato di una forte capacità estetica, è in grado di trasformarsi e di cambiare visuale.

    Ha diretto numerosi cortometraggi e lavora a stretto contatto con il mondo della moda, sia nazionale che internazionale, per importanti pubblicazioni editoriali come Love Magazine, Vogue Italia, L’Officiel Italia, i-D e per grandi marchi come Missoni, Swarovski, L’Orèal Group, Nike, Isko, Huawei e Kartell.

    Bozzetto per l’opera “Three Studies for Figures through the Fourth Dimension”

    Sei stato scelto da HUB/ART Gallery, partner di Art Rights Prize, come vincitore della categoria “video arte” insieme ad Alex Frost, forma d’arte che più si presta a colmare il distacco tra mondo fisico e virtuale. Quali sono i tuoi modelli di riferimento e quanto conteranno le tecnologie nelle mostre del futuro?

    Ho molteplici modelli di riferimento nel campo della video arte, dai pionieri come Bill Viola o gli sperimentatori cinematici più estremi come Matthew Barney, ma anche artisti che hanno un approccio contemporaneo sfruttando a pieno il linguaggio internet e 3D come Jon Rafman e Ed Atkins.

    Non riesco quindi ad identificarmi ed identificare la mia produzione artistica in un modello unico. Amo filmare su pellicola ma anche provare a sperimentare nuovi livelli di linguaggio video, sono convinto che molto spesso le creazioni più interessanti si ottengano mixando vecchio e nuovo.

    Le tecnologie conteranno nelle mostre del futuro quanto effettivamente conteranno nella vita quotidiana di tutti noi. Dopotutto l’arte racconta il presente in cui viviamo e le tecnologie si muoveranno e contamineranno l’arte integrandosi come qualsiasi altro media che abbiamo visto svilupparsi in passato.

    Remember Tomorrow propone una narrazione curatoriale in cui l’arte viene usata come strumento per affrontare i nuovi mali della società, ovvero la solitudine, l’imprigionamento e la sospensione. Come pensi che l’arte possa contribuire ad affrontare il domani e quale reazione ti aspetti dagli spettatori?

    Penso che l’arte possa contribuire ad affrontare il domani solo in parte superficiale, puramente estetica. Penso il suo compito sia più raccontare che salvare. O magari salva l’artista stesso con un processo di realizzazione/rivelazione e forse qualche spettatore in linea con le sue lunghezze d’onda.

    Riguardo le reazioni ci penso poco a dire la verità, ma me ne aspetto di molteplici, anche completamente agli opposti tra loro.

    La tua ricerca si concentra sull’integrazione e sperimentazione di diversi media, in base alla tua esperienza quale pensi sia il legame tra video arte e fotografia e come riescono a dialogare le due arti visive?

    Video Arte e Fotografia sono le arti visive più simili tra loro, basti pensare che un video non è altro che 25 fotografie proiettate al secondo. Ma non per questo l’una prevale sull’altra, anzi, un video di tre ore può avere la stessa carica emotiva di un solo fotogramma.

    Fotografia preparatoria per “Three Studies for Figures through the Fourth Dimension”

    Tra le opere presentate ad Art Rights Prize vi è “Studio di tre figure attraverso la quarta dimensione”, in cui metti a confronto gli esseri umani con esseri senza forma, che si muovono ma sembrano senza vita. Cosa vuoi trasmettere con questa immagine da scenario apocalittico, e cosa rappresenta per te la quarta dimensione?

    Ammetto di pensare a questa mia opera sotto una luce molto egoistica. Quando ho deciso di realizzarla l’ho fatto per me stesso o meglio per il mio io di 16 anni che è stato folgorato sfogliando un libro di storia dell’arte e trovandosi “Studi per tre figure alla base della Crocifissione” di Bacon. Penso che inconsciamente io voglia trasmettere quello che ho provato scoprendo il quadro originale per la prima volta anche se penso sia una utopia compararsi minimamente ad un mostro sacro della pittura del ‘900.

    Per me la quarta dimensione rappresenta il tempo, sia come flusso su cui si dirama e si muove l’opera, sia come rapporto dell’evoluzione dei media dall’originale (1944) ad oggi.

    Visionando il tuo sito si ritrovano lavori nell’ambito della moda e della pubblicità, tra i tuoi tanti talenti cosa mette meglio a fuoco la tua personalità artistica?

    Non ho una risposta precisa. Mi piacerebbe dire che la ritrovo nell’arte ma la verità è che anche avere troppa libertà creativa può essere difficile quanto avere clienti e scadenze a cui dare conto.

    Penso che alla fine io provi a metterci della mia personalità un po’ in tutto quello che faccio, come tessere di un mosaico.

    Photo Credits: “Three Studies for Figures through the Fourth Dimension”

    Intervista a cura di Diana D’Ambra

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