Intervista a Giotto Riva, moderno pittore d’altri tempi

    Intervista a Giotto Riva, moderno pittore d’altri tempi

    Scelto da HUB/ART come uno dei vincitori della categoria “Pittura”, Giotto Riva interpreta la solitudine e le debolezze della società contemporanea attraverso uno stile classico.

    Nato a Milano nel 1998, Giotto Riva è pittore e disegnatore le cui opere sono state esposte sia in Italia che in Spagna. Nonostante la giovanissima età ha vinto numerosi premi grazie al forte impatto e all’eleganza della sua arte. Ha studiato al Liceo Artistico di Monza e successivamente ha frequentato l’Accademia d’Arte a Barcellona.

    Il suo stile classico contemporaneo mescola forme e soggetti d’un tempo che vengono immersi in un’atmosfera malinconica, sempre al confine tra bene e male. 

    La natura morta Still Alive, attualizzata con mozziconi di sigaretta e bottiglie di vino, riesce bene ad interpretare il vizio ma anche l’isolamento che abbiamo vissuto negli spazi domestici.

    Contemporary Artist Starter Pack, 2019, olio su tela, 40×50 cm

    Sei stato scelto da HUB/ART Gallery, partner di Art Rights Prize, come uno dei quattro vincitori della categoria “pittura”. Quali possibilità ti ha aperto questo riconoscimento? E cosa ti aspetti per il futuro?

    È un onore essere stato selezionato tra i vincitori del concorso e poter esibire le mie opere insieme ad alcuni grandi artisti. Il lavoro svolto dal Team prima e dopo la mostra è stato impeccabile e mi ha dato l’occasione di conoscere quello che è il motore che fa muovere questo mondo e le persone che da dietro le quinte gestiscono, organizzano e rendono concreti questi momenti d’incontro e di scambio culturale. Partecipare alla mostra mi ha permesso di mostrare alle persone quella che è l’origine di partenza del mio percorso artistico e la sua direzione. Per il futuro penso che mi dedicherò a lavorare con impegno su una produzione artistica florida e di qualità. Credo che un pittore debba sempre dare la priorità alla creazione e debba pensare che i propri dipinti siano il frutto dello sforzo, della ricerca e della propria sensibilità.

    Sei originario di Milano ma hai anche vissuto e studiato in Spagna. Quali differenze hai percepito nell’approccio all’arte contemporanea?

    In Spagna, come in America, l’arte figurativa sta ritornando prepotentemente sulla scena contemporanea. Terminati gli studi ho deciso di partire perché non sono tante le accademie d’arte classica in Italia e io sentivo la necessità di affrontare quel tipo di percorso come un bisogno prima di poter esprimere a pieno quello che sento. A Barcellona come a New York ci sono da anni gallerie, accademie, istituzioni e musei che s’impegnano per “riqualificare” il disegno, la pittura e la scultura come la storia ce li ha consegnati. Non riprendendo gli stessi temi ma affrontando tematiche moderne e contemporanee attraverso la ricerca tecnica e stilistica del “bello”. Per questo motivo e per la parallela continua crescita di accademie e atelier di questo stampo in Europa, credo che le persone siano tornate ad aver bisogno di qualcosa di concreto in cui rispecchiarsi, un tipo di pittura in cui rivedersi, trovarsi e non più perdersi.

    A night Out, 2022, olio su lino, 100×100 cm

    Come definiresti la tua pittura? Esiste un’opera in particolare che ti ha ispirato ed ha condizionato la tua carriera?

    Definisco la mia pittura sincera. Mi ha sempre colpito una frase di Ernest Hemingway che diceva: “Davanti ad una pagina bianca bisogna sanguinare” e ancora “Se non ti vergogni di quello che hai scritto, allora è un pessimo lavoro”. Secondo me sta a significare che la pittura, come la scrittura, è uno strumento per raccontarci, parlare a chi ci ascolta delle nostre gioie e delle nostre debolezze. La pittura deve essere trasparente, sincera e io amo un tipo di pittura che trasmette il lato più malinconico e nostalgico dell’uomo. Amo chi di fronte a una tela ha sanguinato e ha cercato di dire la verità. Mi sono sempre ispirato ai pittori che hanno vissuto in una splendida Parigi anni ‘20 e che ce l’hanno raccontata nelle sue bellezze e nefandezze. Ci hanno portato una città solare e mondana che, figlia del progresso, viveva una delle migliori epoche della sua storia, e dall’altro lato ci hanno portato la sporcizia delle strade e delle anime che l’abitavano. I bevitori d’assenzio, i fiori del male, le Demoseille d’Avignon, erano parte di una società che alcuni sentivano il bisogno di raccontare e io troverei molto egoista per un pittore dei giorni nostri, non provare a farlo con quello che lo circonda. Il Maledettismo mi affascina e trova, nell’atto creativo, la sua espressione.

    Come nascono i tuoi lavori? Cos’è per te l’ispirazione?

    Non ho mai pensato all’ispirazione come a una strana entità che colpisce alcuni privilegiati. Credo che ogni uomo viva la propria vita attraverso un’infinità di sensazioni, pensieri ed emozioni in continuo cambiamento. L’abilità del pittore sta nel cogliere queste sensazioni e cercare di donarle all’osservatore. Credo che nella pittura debba esserci tanta empatia tra le parti, bisogna essere disposti ad andare nel profondo e cercare di guardare al di là della sola immagine, creando una connessione di spirito e di pensieri con chi osserva. L’ispirazione è dunque agire in funzione di un pensiero, di un’emozione; è la necessità di trasmettere noi stessi con un quadro, con una canzone o con un verso. Nei miei lavori non voglio disegnare o dipingere quello che non so e che non conosco, non pretendo di parlare di temi che non mi coinvolgono. Cerco disperatamente di aggrapparmi alle sensazioni, voglio dire le mie verità e spero intensamente che anche gli altri possano rispecchiarcisi dentro.

    Ti incuriosisce il campo dell’arte digitale e delle ultime tecnologie? Le proveresti?

    L’arte digitale sta prendendo piede rapidamente all’interno del mercato contemporaneo, credo sia giusto che ogni tipo di mezzo con cui l’uomo riesca ad esprimere sè stesso vada apprezzato ed accettato. Il digitale è uno strumento innovativo che, nella storia, l’uomo non aveva modo di conoscere ma che oggi diventa protagonista della vita di tutti i giorni e quindi protagonista dell’arte stessa. L’unica preoccupazione è che venga fatta fin da subito distinzione tra l’arte digitale con la A maiuscola e il marketing, le strategie di vendita e gli atti speculatori. Se era facile con la pittura e con la scultura entrare in queste dinamiche, figurarsi con un tipo di arte alla portata di tutti e che non ha limiti di produzione. Se il digitale avrà futuro, e credo che lo avrà, spero non si lasci corrompere dalle macabre vicissitudini che spesso ruotano attorno a questo mondo.

    Cover: “Still Alive”, 2019, Olio su tela, 50×60 cm

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