Intervista ad Agata Treccani: Pods come immagine della società

    Intervista ad Agata Treccani: Pods come immagine della società

    a cura di Diana D’Ambra

    Scelta da HUB/ART come una dei vincitori della categoria “Pittura” le opere di Agata fanno riflettere sul concetto di isolamento nella società contemporanea. La mostra è stata prorogata fino al 31 maggio 2022.

    Il termine alienazione viene usato in filosofia per indicare il disagio dell’uomo moderno nella civiltà industriale. Oggigiorno con l’avvento di internet e dei social network sono cambiate le interazioni sociali provocando degli effetti concreti sul nostro modo di sentire e di pensare.

    All’incontro faccia a faccia si sostituisce spesso quello virtuale in cui si viene rappresentati da un’asettica immagine del profilo. Se da una parte i social danno l’impressione di essere “sociali” e quindi illudono di essere parte di una community, dall’altra nascondono la solitudine dei singoli individui. 

    Attraverso i suoi lavori Agata Treccani rappresenta la nostra società e ciò che siamo diventati, studiando il nuovo linguaggio visivo contemporaneo.

    Pod.big01, 2020, acrilico su tela, 140×100 cm

    Giovanissima, nata nel 1995, Agata vanta numerose mostre all’attivo. È un’artista multidisciplinare che ha seguito un percorso lineare, conseguendo il diploma accademico di II livello all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2020. 

    Nelle opere presenti in mostra dal titolo Pod si fa riferimento agli earpods, ovvero le cuffiette che comunemente usiamo per ascoltare file audio privatamente e che sembrano diventati una parte integrante del corpo. I personaggi protagonisti di questi lavori hanno occhi vuoti perché non ci osservano essendo sensorialmente e mentalmente in un altro luogo.

    Sei stata scelta da HUB/ART Gallery, partner di Art Rights Prize, come una dei quattro vincitori della categoria “pittura”. Quali possibilità ti ha aperto questo riconoscimento? E cosa ti aspetti per il futuro?

    Colgo l’occasione per ringraziare ancora la galleria per la possibilità di esporre alcuni dei pezzi della serie Pod e anche per la visibilità che è sempre importante per un artista. Per il futuro spero di poter continuare a crescere come artista e di approfondire la mia ricerca sul linguaggio visivo contemporaneo.

    Pod.R01, 2020, acrilico su tela, 45x33cm

    I personaggi che hai ritratto nella serie PODS, privi del volto e dei tratti espressivi, ben rappresentano la società contemporanea che comunica mediante i Social. Cosa può fare l’arte per recuperare i tratti che ci identificano?

    Le opere sono riflesso di ciò che vedo e che vivo, non ho risposte riguardo la società e la vita, al massimo ho domande. L’arte è un modo che ho da sempre per provare a trovare delle risposte alle molte domande che ho, ma non so se potrebbe essere così per altri. Credo che l’arte si una cosa intima e che quindi non possa dare risposte, tantomeno soluzioni generiche. Di per sé l’arte non può fare nulla, siamo noi che agiamo e cambiamo, a volte grazie all’arte, a volte grazie agli amici, a volte grazie alle situazioni.

    Qual è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso la tua ricerca artistica?

    Come detto sopra credo che l’arte sia una cosa intima, per chi la fa e per chi la guarda, il messaggio è il medium come scriveva Marshall McLuhan. Di per sé le mie opere sono uno studio, osservazione e interrogativi sotto forma di immagine, facendo una metafora potrebbero essere l’equivalente di un taccuino di appunti per un ricercatore. Teorizzo e studio il nuovo linguaggio visivo contemporaneo alimentato dalle dinamiche social-contemporanee e studio le regole che dettano lo standard estetico contemporaneo caratterizzato dal contrasto globale tra standardizzazione ed individualità. Facendo riferimento ad artisti del calibro di Luc Tuymans, Gerard Richter o David Hockney, in campo pittorico trovo che la realtà cruda, così com’è, contenga già tutta l’arte di cui abbiamo bisogno. Come per un ricercatore, che osserva la realtà per capirla, anche io mi limito ad osservare e prendere appunti, sperando un giorno di capire.

    Quando hai capito che avresti fatto l’artista? C’è stato un episodio in particolare?

    Non ho mai pensato di fare l’artista in senso stretto, ho sempre pensato che non avrei mai voluto annoiarmi ed il “lavoro” per me era noioso, osservando gli adulti intorno a me. Da che ho memoria l’unica cosa che non mi ha mai annoiata è proprio l’arte. Un giorno in quarta o quinta elementare durante l’ora di arte e immagine, vidi “i cerchi” di Kandisky e mi domandai “questa è davvero arte?”, pensavo fosse davvero brutto e soprattutto che avrei benissimo potuto farlo anche io. Premettendo che già prima di questo fatto passavo praticamente tutte le giornate a disegnare e colorare, da quel giorno per me disegnare acquisì un significato diverso.

    Quali sono i tuoi progetti futuri?

    Nel mio prossimo futuro c’è la mia prima mostra personale presso la galleria Smdot di Udine, il cui titolo è “Tribe. Forgive yourself” dal 26.03.22 al 30.04.22. In questa mostra presento la serie TRIBE, influenzata dal testo “La scimmia Nuda” di D.Morris, che racconta del concetto di tribù elaborato secondo i canoni della contemporaneità. Per il mio lontano futuro il progetto è quello di continuare a lavorare e crescere come artista sperando in nuove collaborazioni magari anche all’estero, perché no.

    Cover credits: Pod.IDO, 2020, acrilico su tela, 19×30 cm, courtesy of the artist

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