Intervista a Clarenza CATULLO Registrar per il MART di Rovereto – ProfessioneARTE.it

    Le Interviste di ProfessioneArte.it

    Lei è Clarenza Catullo Registrar al MART di Rovereto.

    Cinque domande per conoscere in anteprima i grandi  professionisti dell’arte, le quotidiane sfide da affrontare, le scelte che hanno determinato il loro percorso nel sistema e nel mercato dell’arte, i cambiamenti all’insegna del digitale e i consigli per chi desidera intraprendere la stessa carriera in collaborazione con ProfessioneARTE.it.

    Essere consapevoli di ricoprire “la più bella ed eccitante posizione che può offrire un museo” non è da tutti.

    Lo afferma senza alcun dubbio Clarenza Catullo, Registrar al MART di Rovereto, figura professionale ancora molto sottostimata in Italia, se non proprio tenuta in considerazione, all’opposto invece di quanto accade all’estero, dove questa figura è nata ed è parte integrante dello staff, perno attorno al quale gira qualsiasi evento espositivo in un museo.

    In questa puntuale intervista Clarenza Catullo presenta per la prima volta e nel dettaglio il Registrar, cosa fa e cosa dovrebbe fare all’interno di un museo, con quali interlocutori del mondo dell’arte si rapporta e il percorso da compiere per diventarlo.

    Nata a Venezia, si diploma alla Scuola per Traduttori ed Interpreti di Trieste e consegue la laurea in Lingue e Letterature Straniere all’Università Ca’ Foscari, Venezia.

    Nel 1981 aderisce agli Amici dei Musei di Venezia, entra a far parte del gruppo del VAMI (Volontari associati per i Musei Italiani). Collabora come volontaria con la Peggy Guggenheim di Venezia dal 1981 al 1986, creando la sezione didattica del Museo che stava allora riaprendo dopo la morte di Peggy Guggenheim. Assunta da Palazzo Grassi spa (Gruppo FIAT) in qualità di assistente del direttore artistico (Pontus Hulten / Paolo Viti), crea l’ufficio mostre e gestisce le esposizioni in qualità di exhibition officer e registrar.

    Nel 2004 viene nominata direttore di filiale di SATTIS/Arteria (azienda di trasporti d’arte nazionale), creando la sede di Venezia fino al 2006 quando viene chiamata al MART di Rovereto in qualità di curatore tecnico.

    Nel 2008, in seguito a concorso specifico bandito dal Museo, ricopre la posizione di registrar e di collections manager, coordinando le mostre temporanee del museo in sede ed esternamente. In questa funzione coordina il lavoro di 5 persone.

    Associata a ICOM dal 1989, a Registrarte, ad ARCS USA e alla AAM USA.

    1. Come è iniziato il suo percorso nel mondo dell’arte?

    In effetti la mia carriera avrebbe dovuto essere un’altra, sono diplomata alla scuola interpreti di Trieste e laureata in Lingue e Letterature straniere a Ca’ Foscari, quindi potenzialmente sono una anglista avendo scelto l’inglese come prima lingua, oltre al francese e al tedesco.

    Con il mio rientro a Venezia, dopo Trieste, mi sono iscritta agli Amici dei Musei e Monumenti nella sezione VAMI, quindi come volontaria, e sono stata destinata al servizio gratuito presso la Collezione Guggenheim dove abbiamo messo le basi per la sezione didattica del museo nel 1981. Sono rimasta in questo ambito a lungo, fino a che nel 1986 mi hanno chiamata da Palazzo Grassi (Fiat) per lavorare come assistente di Pontus Hulten, il direttore artistico.

    2. Come descriverebbe la sua professione oggi?

    La mia professione è molto sottostimata per ovvie ragioni, in realtà è la più bella ed eccitante posizione che può offrire un museo. Ricordo storici dell’arte in lacrime di fronte ad opere che in tanti anni hanno visto da lontano, e tutti mi hanno invidiato per aver avuto dei rapporti così prossimi con i maggiori capolavori dell’arte e dell’archeologia internazionale. 

    Il Registrar è il perno attorno al quale gira qualsiasi evento espositivo in un museo.

    Parlare della professione del Registrar rispetto a quello che porto avanti quotidianamente e quanto questa professione possa essere cambiata nel tempo non è molto semplice. La professione del Registrar nasce negli Stati Uniti ancora in nuce nel XIX secolo e poi chiaramente riconosciuto dal sistema museologico americano negli anni 50 del XX secolo. In Italia questa professione non è riconosciuta ufficialmente dato che, con una visione onnicomprensiva, lo storico dell’arte, l’archeologo e l’archivista, sono stati chiamati ad essere competenti anche su tematiche che riguardano solo ed esclusivamente il Registrar. 

    Questa indicazione, assieme alle problematiche economiche, fa sì che tutti coloro che agiscono in qualità di curatori di una mostra, in musei e gallerie, spesso si assumono responsabilità gestionali che non competono loro. Cosa fa o dovrebbe fare un Registrar? Questa figura professionale si occupa della gestione, della tutela e della conservazione delle opere d’arte per quanto attiene a tutti gli aspetti collegati alla logistica e alla movimentazione delle opere stesse. Che si parli di mostre temporanee o opere nelle collezioni pubbliche e private. Un registrar può avere una preparazione anche non squisitamente storica artistica, quindi provenire da settori non specifici.

    Personalmente ritengo che la conoscenza delle lingue sia fondamentale in questo campo dato che i nostri interlocutori all’estero non parlano certamente italiano. Il Registrar è in formazione continua, l’aggiornamento quindi è imprescindibile per chi gestisce mostre che vanno spesso dall’archeologia all’arte contemporanea. Che le lingue siano utilissime è anche vero da un punto di vista di contenuti. Tutta la terminologia usata quotidianamente da un Registrar nella gestione di esecuzione di verifiche dello stato di conservazione, di imballi, di casse, di trasporti, di assicurazioni, di allestimenti e quant’altro è spesso, se non sempre, in inglese proprio perché questo mestiere lo hanno creato gli americani. Un Registrar quindi avrà conoscenze molto approfondite di questioni collegate a restauro, imballi, trasporto, assicurazioni, sicurezza, metodi e strumenti di allestimento, budget, contrattualistica, amministrazione pubblica, pratiche doganali e procedure ministeriali per le necessità collegate ad autorizzazione al prestito e richieste di esportazione/importazione. E molto altro. Il registrar quindi è quella figura che, in un contesto espositivo, riceve una lista di opere da far arrivare in loco per una mostra e ne gestisce la logistica e la movimentazione in massima sicurezza.

    Il Registrar deve collaborare strettamente, quindi, con un Exhibition Officer e con il Responsabile degli Allestimenti. Sempre che queste posizioni, ovviamente, esistano nel contesto del suo lavoro.

    L’aspetto più interessante di questo lavoro è che un Registrar deve essere nella condizione di conoscere il maggior numero di informazioni possibile sulle opere che accoglierà e dovrà sapere cosa fare nel caso in cui anche un solo anello della catena produttiva non esista. Ciò vuol dire che, un Registrar non è chiamato ad eseguire Condition Reports, ma deve saperli fare nel caso non ci sia un Restauratore a farli per competenza. Deve avere quindi conoscenze di conservazione/restauro. Un Registrar deve sapere come movimentare un’opera, ma non deve toccarla, è compito dell’Art Handler.

    Un Registrar deve sapere come si imballa un’opera d’arte, ma non lo fa. E così via per tutti i vari aspetti collegati ad un evento espositivo. In Italia siamo purtroppo ancora all’inizio, nei paesi anglosassoni le possibilità di crescita professionale per un Registrar sono decisamente maggiori, anche perché nei grandi musei internazionali, la posizione del Registrar è di primaria importanza nel meccanismo della produttività di un museo e spesso il punto di vista di un Registrar ha più peso di quello di un direttore.

    3. Come è cambiata nel tempo la sua professione?

    Quando ho iniziato nel 1986 ero assolutamente inconsapevole del mio ruolo, ho avuto il privilegio di crescere nella professione grazie alla vicinanza di grandi storici dell’arte, restauratori, architetti, editori e tutti i maggiori professionisti nel settore della sicurezza, degli imballi, trasporti e allestimenti.

    Ho rubato molto da tutti, ma nessuno mi ha mai insegnato nulla, sono curiosa di natura e ho sempre osservato, fatto molte domande, memorizzato ed applicato. È proprio nella relazione con i musei americani che mi sono resa conto allora che esisteva la figura del Registrar e ho cercato di seguire ed utilizzare i loro standards. Solo nel 2000 grazie ad un invito di un’amica, mi sono resa conto di cosa facessi…mi chiedeva di prendere parte ad un convegno sulla professione del Registrar.

    Purtroppo in Italia la mia professione è ancora misteriosa ai più e questo è ovviamente un limite, ma devo dire che la consapevolezza ora è certamente maggiore rispetto al 2000. Già il fatto di avere una associazione di categoria penso aiuti (ndr. Registrarte).

    Oggi molti musei italiani hanno persone che si applicano in questo senso nelle loro posizioni istituzionali. Siamo però lontani dalla quotidianità degli Stati Uniti o comunque dei paesi anglosassoni, dove le professioni museali hanno un reale riverbero nell’organigramma del personale.

    Il MART di Rovereto

    4. Che impatto sta avendo il digitale nel suo settore?

    Temo non si possa ancora parlare di applicativi, dobbiamo ancora capire cosa faccia un Registrar in un museo in Italia, non penso quindi che il digitale possa avere grande influenza prima che si sia riusciti a metabolizzare la professione in quanto tale.

    Una buona applicazione è certamente quella collegata ai vari software per la gestione di mostre e collezioni, così come l’uso del tablet per l’esecuzione di Condition Reports digitali da parte dei restauratori che con noi collaborano.

    Se poi parliamo di digitale in senso artistico….allora è un’altra questione. Per fortuna non si smette mai di imparare…

    5. Cosa consiglierebbe a un giovane che vuole intraprendere la sua professione?

    A tutti coloro che vengono a fare stages nel mio ufficio consiglio sempre di andare all’estero, in musei americani, inglesi, australiani dove c’è richiesta di questo tipo di posizione ed imparare da loro.

    Speriamo nel frattempo che qualcuno qui da noi si accorga che esiste anche questa professione e la riconosca ufficialmente.

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    Questa intervista è stata realizzata in collaborazione con ProfessioneARTE.it, la prima community dedicata alla formazione, aggiornamento e orientamento verso le professioni dell’arte.

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